
Tendinopatia della spalla e del gomito: tipi di trattamento
Il trattamento della tendinopatia della spalla nello sportivo
I tendini hanno la funzione di trasferire le forze generate dai muscoli alle ossa, di mantenere la stazione eretta e assorbire gli urti. Sono formati prevalentemente da acqua, collagene di tipo I, proteoglicani, tenociti. La componente cellulare è formata per il 90 % da tenoblasti e tenociti: sono cellule a elevata attività metabolica e sintetizzano proteine della matrice extracellulare. Quest’ ultima dona al tessuto un sostegno architettonico, lubrificazione e protezione. Nella matrice extracellulare si ha un equilibrio molto fine tra le metalloproteasi e i suoi inibitori. Un’alterazione di questo equilibrio può provocare prima degenerazione tendinea e poi rottura. Le tendinopatie sono un problema molto frequente nello sportivo.
Presentano un’eziologia multifattoriale, in cui giocano fattori genetici, biomeccanici, biologici. Tra quelli biologici, hanno un ruolo importante l’età, il diabete e l’ipercolesterolemia, malattie autoimmuni, l’ipoperfusione tissutale, l’ipertermia, il fumo, l’effetto di corticosteroidi e fluorochinolonici. I fattori intrinseci ed estrinseci sono spesso difficili da individuare e si combinano tra loro nel favorire microtraumi ripetuti, che a loro volta provocano microlesioni: se la riparazione è insufficiente si producono ulteriori lesioni innescandosi un vero e proprio processo patologico. Recentemente si è scoperto come l’aumentata temperatura, che si produce in condizioni di allenamento intenso, se non dispersa, possa causare la morte dei tenociti. Una perfusione ematica appropriata contribuisce a ridurre l’ipertermia tendinea. In presenza di lesione tendinea è stato dimostrato tramite studi istologici come la degenerazione tissutale si estenda sia prossimalmente che distalmente alla sede di lesione. Tra le classificazioni delle tendinopatie, rimane valida quella proposta da Puddu nel 1986, in cui si distinguono: tendiniti, tendinosi (degenerazione, eventuale rottura parziale), rotture complete (acute o inveterate). In base alla durata dei sintomi si parla di patologia acuta entro le due settimane, cronica oltre le sei settimane. La sintomatologia clinica è caratterizzata da dolore, rigidità mattutina, tumefazione locale.
La diagnostica per immagini si basa sull’ecografia, come esame di prima scelta, per le potenzialità offerte dalla modalità in dinamica. La risonanza magnetica (RMN) è il gold standard, in quanto permette una valutazione aggiuntiva della componente muscolare, essenziale ai fini chirurgici, in assenza però di un’indagine dinamica. L’ elastometria permette di valutare la maggiore o minore elasticità tissutale. Con questa tecnica abbiamo il valore aggiunto di un anticipo notevole nella diagnosi di tendinopatia, perché possiamo osservare le zone malaciche ancora asintomatiche. Nel trattamento delle tendinopatie l’aspetto decisivo per l’atleta è la prevenzione: occorre riconoscere i vizi posturali e rigenerare le riserve energetiche.
Disponiamo oggi di moltissimi trattamenti incruenti: la terapia medica e quella fisica; i tutori per il riposo; la crioterapia e lo stretching, FANS per via topica o sistemica, la terapia infiltrativa. La terapia fisica prevede il laser (Nd-YAG), il trasferimento energetico capacitativo resistivo (TECAR), le onde d’urto. Tali trattamenti hanno la capacità di agire in profondità nella compagine tendinea, con effetto antalgico, antiflogistico, antiedemigeno e biostimolante locale. La fisiokinesi terapia a secco e in acqua permane elemento essenziale di integrazione con quella fisica. Una patologia frequente è la spalla dolorosa, sopprattutto in coloro che praticano sport di lancio: può essere dovuta a patologie articolari capsulolabrali, o extra-articolari quali la discinesia scapolo toracica e la lesione della cuffia dei rotatori. Quest’ ultima è una patologia assai frequente: ha un‘ incidenza del 25% nelle persone di 60 anni. Le indicazioni al trattamento cambiano in base all’età del paziente e alle sue richieste funzionali. Il trattamento conservativo riabilitativo è sicuramente importante e funziona. Tuttavia, quando una lesione degenerativa si scompensa, un suo riequilibrio biomeccanico può togliere il male, ma la lesione evolve e clinicamente il risultato si deteriorerà col tempo. È stata proposta nella pratica clinica la decompressione sottoacromiale, ma non si è dimostrata un gesto tecnico efficace e duraturo, se non associato a una riparazione del tendine.
Il trattamento chirurgico open o artroscopico prevede la reinserzione del tendine all’ osso tramite ancorette o punti transossei, cercando di ripristinare l’anatomia originale. La non guarigione della lesione è legata a problemi di tipo biologico. Il tendine degenerato perde le sue capacità rigenerative a causa dell’ ipovascolarizzzione locale all’interfaccia con l’ osso. Molte sono state le proposte per migliorare la guarigione, sia di tipo tecnico che biologico ma non sempre l’esperienza ne ha confermato la validità. La sutura a double row non si è mostrata migliore di quella a single row in termini di minor numero di recidive post operatorie. L’ utilizzo dei fattori di crescita come la PRP ( concentrato piastrinico) ha dato ancora risultati clinici contrastanti. Nonostante cio’ il 90% dei pazienti trattati chirurgicamente ricava grossi benefici dall’ intervento in termini di risoluzione del dolore e di recupero funzionale. La capsulite adesiva idiopatica o secondaria può essere un’ ulteriore causa di dolore alla spalla. Il trattamento prevede un primo approccio conservativo riabilitativo, fino ad un trattamento interventista: artrolisi artroscopica, sblocco in narcosi con catetere a permanenza. Il gomito è una struttura molto stabile, sottoposta però a enormi stress e a microtraumi ripetuti.
Il trattamento della tendinopatia del gomito nello sportivo
Essenziale nel trattamento delle tendinopatie del gomito è una diagnosi differenziale corretta, che porti a individuare un’epicondilite, un’epitrocleite, una tendinopatia del bicipite distale, una rottura legamentosa, una patologia artrosica oppure una borsite. In caso di epicondilite ( gomito del tennista) si ha clinicamente dolore all’estensione del polso e delle dita con l’avambraccio pronato. L’approccio conservativo prevede riposo con tutore, FANS o terapie fisiche, infiltrazioni locali con cortisonici o PRP. Quando ciò non basta, si ricorre alla chirurgia open o artroscopica che consiste nella tenotomia o tenotomia e tenorrafia dell’estensore breve del carpo e riposo in uno splint per due settimane. Il vantaggio del trattamento artroscopico, oltre al riconoscimento delle patologie associate, è quello di offrire allo sportivo un più veloce recupero e ritorno all’attività sportiva. L’epitrocleite è meno frequente ed è caratterizzata da over-use dei flesso-pronatori; colpisce soprattutto atleti come lanciatori o golfisti. Si riscontra un dolore alla flessione del polso e delle dita con l’avambraccio pronato e una ridotta forza di prensione.
Dopo un trattamento conservativo, sovrapponibile a quello dell’epicondilite, si può affrontare la chirurgia: tenotomia inserzionale dei flessori e riposo in uno splint per due settimane. La lesione del tendine distale del bicipite comporta un deficit di forza in flessione ma principalmente in supinazione. Le indicazioni vanno adattate al paziente, ma solo una reinserzione anatomica permette un vero recupero funzionale. Il trattamento conservativo rimane un’opzione valida nei pazienti con basse richieste funzionali. Il trattamento chirurgico prevede o un singolo accesso anteriore e reinserzione con ancore o un doppio accesso combinato con pull-out posteriore alla tuberosità radiale. Nel caso di una lesione cronica (>3 sett.) il tendine tende a riassorbirsi e per un ripristino di una continuità anatomica occorre sostituirlo con un innesto di tendine omologo di banca. In caso di tendinopatie della mano diversi sono i meccanismi patologici causa di rigidità e di limitazione della funzione di scorrimento del tendine: l’alterazione della morfologia ossea, della mobilità legamentosa e del movimento tendineo. Fallitto il trattamento conservativo, l’ intervento di tenolisi consiste nel rimuovere le aderenze peritendinee e gli elementi interferenti, che siano articolari o legamentosi.
Lo scopo del trattamento è che il movimento riprenda completamente sul campo operatorio e che il tendine scorra effettivamente senza nessuna interferenza. Tale chirurgia necessita di una rieducazione post operatoria passiva ed attiva immediata, per contrastare la formazione di aderenze e rinforzare i muscoli, al fine di un duraturo e completo recupero funzionale. Numerosi studi scientifici sono in corso sull’efficacia dell’utilizzo dei fattori di crescita (PRP), dell’ ingegneria tissutale e della terapia genetica con cellule staminali, ma per il momento non ci sono evidenze positive univoche a riguardo. Un approccio promettente è quello farmacologico con lo scopo di limitare i danni tissutali da superossidi.
L’ ossido nitrico (NO) aumenta la perfusione locale dei tessuti tendinei e favorisce una più veloce rigenerazione tissutale. Un suo precursore fondamentale è l’arginina, che viene assunta per via orale. In conclusione soltatnto una migliore comprensione dei processi biologici di guarigione tendinea ci potrà condurre ad un miglior trattamento curativo e preventivo delle tendinopatie.